L’importanza del riposo notturno e le problematiche che possono minare la qualità del sonno e, di conseguenza, della vita, sono un tema fondamentale. I disturbi del sonno, infatti, possono avere un forte impatto sulla quotidianità di che ne soffre, andando a provocare stanchezza cronica, cali dell’attenzione e un aumento dell’irritabilità e degli stati emotivi depressivi, comportando, a lungo andare, problematiche di salute più severe. Nel nostro Paese circa 1 adulto su 4 soffre di insonnia cronica o transitoria. Sono soprattutto le donne ad essere maggiormente interessate, circa il 60% rispetto al totale. Cifre che sono molto aumentate in questi anni di pandemia da COVID-19.
Indicativamente un individuo adulto deve dormire tra le 7 e le 8 ore, anche se per alcune persone sono necessarie 9–10 ore piene di sonno e ad altre ne bastano 5-6. In ogni caso, la quantità di sonno adeguata per ciascuno è quella che consente di svegliarsi riposati e attivi, con un buon tono umore, pronti per affrontare in modo produttivo la giornata che si ha davanti.
Le ore di riposo notturno ci consentono di “ricaricare” il nostro organismo attraverso il passaggio, tra due stati, che si susseguono più volte nel corso della notte: il sonno REM e il sonno non-REM. Le cosiddette fasi REM vedono un rilassamento generale dei muscoli e rapidi movimenti degli occhi e si contraddistinguono per la presenza di sogni intensi, vividi, emozionanti, maggiormente connessi con la realtà e tali da far percepire movimenti fisici. Per contro, nella fase non-REM i sogni sono più assimilabili a pensieri e sono più brevi. Grazie al passaggio tra questi due stati, il riposo notturno ci aiuta a consolidare i ricordi e a rinforzare le nostre capacità cognitive. Dormire bene serve a ripulire il cervello dalle tossine prodotte dai neuroni durante il giorno oltre che da memorie inutili. Infatti, durante il sonno gli spazi fra le cellule cerebrali si dilatano del 60% e questo consente di drenare le sostanze tossiche per il cervello, fra cui la proteina beta amiloide che si accumula con l’invecchiamento ed è connessa alla demenza di Alzheimer.
La deprivazione di sonno, invece, ha conseguenze tangibili sul benessere psico-fisico dell’organismo. Si va infatti da sintomi come l’astenia, dunque una sorta di stanchezza costante durante il giorno, alla difficoltà a mantenere la concentrazione, deficit di memoria, aumento degli stati depressivi e dell’irritabilità. A queste problematiche, in taluni individui, possono aggiungersene altre più severe: come l’ipertensione o i problemi cardiovascolari, ma anche il diabete, perché la carenza di sonno influenza il metabolismo e i livelli di insulina.
L’insonnia, se occasionale, è un fenomeno comune e interessa, almeno una volta nella vita, il 50% circa della popolazione, tuttavia, in presenza di determinate patologie o stati d’animo ansiosi, può cronicizzarsi, andando a compromettere la qualità della vita di chi ne soffre con le problematiche che abbiamo appena delineato. Ma come si riconosce l’insonnia? Per prima cosa va detto che l’insonnia può essere di tre tipologie differenti: iniziale, centrale e terminale. Può infatti manifestarsi appena ci si corica comportando difficoltà ad addormentarsi (iniziale), oppure con risvegli continui e frequenti nel corso della nottata (centrale), o ancora in un brusco risveglio all’alba con impossibilità a riaddormentarsi (terminale).
Il principale fattore di rischio dell’insonnia è lo stress: la nostra mente, soverchiata da pensieri angosciosi, non riesce a rilassarsi e questo influenza fortemente la qualità del sonno. Anche fattori ambientali come la luce, il rumore o una temperatura troppo alta o troppo bassa, possono provocare degli episodi di insonnia, così come assumere molto caffè nella seconda parte della giornata, abusare con l’alcol e la nicotina, mangiare cibi pesanti a cena ed effettuare attività sportiva nelle ore precedenti al riposo.
Si tratta in questo caso di insonnia “acuta”, che si manifesta quindi sporadicamente, o magari per qualche settimana per poi risolversi con la cessazione dello stimolo che la provoca.
L’insonnia però, come abbiamo detto può essere anche cronica: una condizione che dipende principalmente da determinate patologie, come la depressione, le apnee ostruttive del sonno, la sindrome delle gambe senza riposo, che incidono severamente sulla qualità del riposo notturno e possono rendere necessario l’utilizzo di rimedi farmacologici o strumentali per riuscire finalmente ad addormentarsi.
Il principale consiglio, dunque, è quello di abituarsi a mantenere costante il ritmo sonno-veglia: svegliarsi sempre alla stessa ora e andare a dormire sempre alla medesima abitua il nostro corpo ad assecondare lo stimolo naturale del sonno. È poi importante cercare di dormire in un ambiente con una giusta temperatura compresa tre i 18° e i 22°C, buio e protetto dai rumori, oltre a evitare di passare troppo davanti agli schermi nelle ore serali, che siano dello smartphone, del computer, o della televisione. Anche una vita attiva, in cui si svolge un’attività fisica regolare nelle ore diurne e ci si espone alla luce solare piuttosto che a quella artificiale, aiuta il ritmo circadiano.
Un altro alleato del sonno sono i nutrienti che assumiamo tramite l’alimentazione, che possono favorire la produzione di sostanze che conciliano il riposo, come la melatonina, il magnesio, il potassio o la vitamina B6. Tra questi segnaliamo i carboidrati complessi, dalla pasta, al pane, al riso, il pesce, le carni bianche, il latte e i suoi derivati, la lattuga e alcuni tipi di frutta, come la frutta secca, le banane e le albicocche.
Favorisce il rilassamento anche l’assunzione di tisane calde nelle ore precedenti al sonno, molte, infatti, sono composte da erbe e piante con proprietà distensive. Altre attività che possono aiutare a diminuire la tensione fisica e mentale sono la lettura di un libro, l’ascolto di musica rilassante o un bagno caldo.
Se i problemi di sonno sono prolungati nel tempo e l’insonnia va a influire sulla qualità della propria vita, per esempio con frequenti cefalee al risveglio, difficoltà di concentrazione nel lavoro o irritabilità elevata, è necessario rivolgersi al medico specialista. Uno degli strumenti di diagnosi più comuni, quando i disturbi del sonno sono particolarmente severi, è la polisonnografia, un esame che registra vari parametri, dall’attività elettroencefalografica a quella respiratoria e cardiaca, per valutare la qualità del sonno.
Lo specialista potrà prescrivere poi diversi trattamenti a seconda della problematica alla base dell’insonnia, da quelli più lievi con la melatonina a benzodiazepine o ipnoinducenti se il problema è più severo, fino ad arrivare agli antidepressivi. Qualsiasi si riveli essere il trattamento più adeguato, è sempre bene tenere presente che va valutato e prescritto esclusivamente da uno specialista e bisogna sempre evitare le cure fai da te.
SERGIO DEMURU
28 Luglio 2024